Recensioni
Zanna Bianca, Jack London
Mondi tra le righe
Un freddo cane
Ciao, eccoci in un altro episodio!
Oggi parliamo di Paesi freddi, e anche se è luglio, la copertina vi servirà fidatevi. Indossate bene le sue maniche e preparatevi a sprofondare nella neve, correndo insieme al branco di cani lupo. No, non è Balto, ma una storia simile, di rivincita personale.
Il libro di oggi si intitola Zanna Bianca, scritto da Jack London e pensate, è così vecchio che è stato pubblicato per la prima volta a puntate nel 1906 sulla rivista statunitense «Outing».
La storia racconta la vita di Zanna Bianca, figlio di un lupo e di un cane: questo lo rende non solo molto resistente fisicamente, ma anche particolarmente temuto e detestato dagli uomini e dagli altri cani, che riconoscono in lui un’indole diversa, più cupa e violenta.
Allora per iniziare diamo un po’ di contesto: Zanna Bianca è ambientato nella zona dello Yukon e dintorni, che, per chi come me non fosse ferrato in geografia, si trova nella parte nord-ovest del Canada. Quindi fa abbastanza freddino. Inoltre la storia ha luogo durante il periodo della Corsa all’oro del Klondike, negli anni Novanta del 1800. Era infatti esplosa tra gli europei la mania di cercare l’oro nei selvaggi territori canadesi, il Wild, come viene chiamato dai personaggi umani del libro.
La ricerca dell’oro è una tematica cara a London, dato che egli stesso da ragazzo vi aveva partecipato, proprio nel Klondike. Perciò tutte le esperienze raccontate nel libro sono pressoché autobiografiche e questo spiega anche la dovizia di particolari.
Una veloce precisazione per i più sensibili: Zanna Bianca non è la classica storia dell’animale carino, amico dell’uomo, anzi. Prendete la trama di Io & Marley e toglietele il clima caldo e assolato della Florida, il carattere buffo e caciarone del labrador retriever e Owen Wilson (se avete più familiarità con il film che con il libro).
Zanna Bianca è caratterizzato da una profonda e ben dettagliata violenza. Niente è superfluo, infatti, ogni colpo, ogni ferita e ogni graffio che viene inflitto al protagonista serve a far capire la crudeltà dell’essere umano, che non si ferma davanti a niente pur di assoggettare tutto quello che ha intorno.
Zanna Bianca vive con la madre nei boschi, finché non vengono presi da una tribù di nativi americani, guidati da Castoro Grigio. La vita al campo è particolarmente dura per Zanna Bianca, che impara presto come relazionarsi con gli umani, che lui vede come degli dèi: riconosce la loro superiorità e il loro potere sulle cose, li teme e allo stesso tempo li venera e rispetta, perché sa che grazie a loro può sopravvivere.
Durante il suo periodo tra gli indiani, Zanna Bianca vive anche il primo grande dolore della vita, ovvero la separazione dalla madre Kische, che viene venduta da Castoro Grigio a un’altra tribù. In seguito anche Zanna Bianca sarà venduto, a causa del suo aspetto ripugnante, a un cuoco, chiamato Bellezza Smith. L'uomo lo maltratta al massimo per renderlo un crudele e spietato combattente nelle lotte di cani che organizza clandestinamente.
Zanna Bianca vince su tutti i cani, finché un giorno un giovane commerciante californiano, Weedon Scott, lo vede mentre sta avendo la peggio contro un bulldog e lo salva, portandolo con sé in California. È grazie alle cure pazienti e amorevoli del giovane che Zanna Bianca riesce a dimenticarsi di tutto l’odio e la violenza che gli erano stati instillati e si dimostra un compagno amorevole e affettuoso, disposto a tutto per proteggere la propria famiglia.
Lo stile di scrittura è interessante, perché per tutta la prima parte del libro, finché Zanna Bianca non incontra Weedon Scott, l’autore adotta il punto di vista degli animali: così, se da una parte vediamo il mondo circostante spiegato attraverso la logica del lupo, fatta di istinti, dall’altra osserviamo le azioni degli esseri umani immerse in un alone di curiosità e mistero, perché si comportano in un modo sconosciuto che gli animali non riescono a capire.
L’essere umano in questione è privo di scrupoli: tanto per cominciare si spinge in un continente incontaminato e lo mette a soqquadro per i suoi beceri profitti, poi è disposto ad addomesticare un animale selvaggio e a sfruttarlo crudelmente per il proprio tornaconto.
Dato che London ha preso parte alla corsa all’oro, le descrizioni della tundra artica sono molto vivide e dettagliate, così come le ricche spiegazioni del processo di addomesticamento del lupo.
Il connubio tra la violenza della natura selvaggia e quella della civiltà umana assumono però nel corso del romanzo uno scopo diverso: se la prima fa parte dell’ordine naturale delle cose e non è possibile tirarsi indietro, per la seconda c’è sempre possibilità di scelta, perché non tutti gli umani si comportano così, come viene dimostrato dal giovane mercante che è l’unico a rendersi conto di come la violenza e l’odio avessero corrotto l’animo di Zanna Bianca.
Non so voi, ma Zanna Bianca per me è stato uno di quei classici libri che ti fanno leggere durante le vacanze a scuola, e io ho questo vivido ricordo di me alle elementari che leggo il primo capitolo, in cui due uomini e la loro muta di cani vengono divorati dai lupi. Inutile dire che ho smesso subito. Rileggendolo tempo dopo, ho capito che la violenza del lupo non deve essere incriminata, perché fa parte della sua natura, mentre è la violenza degli uomini che deve far paura.
Tra lande desolate, freddo cane (è proprio il caso di dirlo) e uomini spietati, Zanna Bianca compie un percorso di formazione, o forse di rieducazione, in cui cresce, impara a cavarsela da solo e a farsi amare dagli altri, anche quando nessuno era disposto ad amare lui.