Recensioni
Un uomo felice, Arto Paasilinna
Mondi tra le righe
Anche gli ingegneri hanno un cuore
Io lo so che state boccheggiando e non vedete l’ora di un bel temporale estivo, di quelli che fanno venire voglia di correre per strada con la maglietta appiccicata al corpo. Però fidatevi, questa volta la coperta prendetela bella pesante, stiamo per volare in Finlandia. Se volete unirti a noi portate la vodka, una bicicletta e la vostra miglior sabbia da cemento. Non è quello che vi aspettavate? Beh, vale lo stesso per i cittadini di Kuusmaki.
Ma facciamo un passo alla volta.
Arto Paasilinna è il tipico autore da bancone delle librerie. Uno di quelli che si conoscono più per le copertine colorate dei suoi libri che per la sua scrittura. Invece, questo ex guardaboschi dalla faccia paciosa ha la capacità di catapultare i lettori nella sua terra natale nel giro di qualche riga. Se non ci credete provate a leggere una delle sue opere più celebri, come Il bosco delle volpi impiccate, o Piccoli suicidi tra amici, e ditemi se non vi sembrerà di essere immersi nella neve fino al collo. Oppure rimanete comodi comodi sul vostro divano, e state ad ascoltare cosa si nasconde tra le pagine di Un uomo felice: forse, tra i suoi libri, quello che meglio racconta la visione politica di Paasilinna.
Tutto inizia nel piccolo villaggio di Kuusmaki, e da un ponte. Un fatiscente ponticello di legno costruito sul fiume Eccidio, teatro di una cruenta battaglia tra i rossi e i bianchi durante la guerra civile finlandese. È qui che incontriamo l’ingegnere Askeli Jaatinen, l’uomo incaricato dal governo di costruire un nuovo ponte. Jaatinen, nonostante il suo status, è un uomo atipico, (probabilmente comunista, anche se questo l’autore non ce lo rivelerà mai) e non passa molto tempo prima che diventi il beniamino degli operai. Le sue tendenze anticonformiste però non sono viste di buon occhio dai notabili della comunità, guidati dal presidente del consiglio comunale Jaminki. Così, l’ingegnere si trova ben presto isolato; ma è dopo una notte di passione con la moglie del preside del Liceo che i suoi nemici trovano il pretesto per farlo cacciare dal paese. Questo, però, è solo l’inizio della fine per Jaminki e i suoi; perché Askeli, licenziato dall’Azienda Nazionale Ponti e Strade, riesce a rimettere piede nel villaggio in veste di imprenditore edile. Con la complicità di Manssila, il suo operaio più fidato, prepara la rivincita, orchestrando una ragnatela di tranelli che mette fuori combattimento, uno dopo l’altro, i congiurati responsabili della sua cacciata. Solo un ostacolo sembra separare l’ingegnere dalla felicità: conquistare la bella e procace Irene Koponen, segretaria comunale. Ma, ora che si è spinto fino a questo punto, gli può davvero bastare?
Un uomo felice è come il suo titolo: semplice, immediato, quasi didascalico. Con un intreccio che non si discosta mai dall’ordine cronologico degli avvenimenti. Ma dietro a una costruzione così accessibile si nasconde il modo di raccontare sornione con cui Paasilinna ci apre, tenendoci per mano, le porte della sua visione del mondo. Mica male per un libro che è stato scritto subito dopo l’Anno della lepre, il romanzo più conosciuto del finlandese; quest’uomo amava sedersi sugli allori molto meno di quanto noi amiamo adagiarci sul divano, cullati dalle sue parole.
Jaatinen è il personaggio tipo di Paasilinna, un uomo non convenzionale, un ingranaggio non oliato che rischia di inceppare il perfetto meccanismo della borghesia conservatrice. Nella prima parte del libro si inimica i notabili del paese solamente a causa del suo comportamento: fraternizza con gli operai, si muove in bicicletta, fa il bagno nudo nel fiume. Niente di terribile, si direbbe. Ed è proprio così che Paasilinna smaschera i perbenismi della gente di Kuusmaki. L’ingegnere non è una minaccia, se non nella testa di chi è abituato a vedere il mondo solamente per quello che è sempre stato, senza ammettere pericolose variazioni sul tema.
Il dialogo è il terreno d’elezione di questo autore, il luogo dove la sua scrittura intrisa di humor dà il suo meglio. E il dialogo viene ampiamente sfruttato per far venire a galla le contraddizioni del mondo patinato che cerca di tenere alla larga il progressismo.
Così, il reverendo Roivas dice all’ingegnere che: “Dio ci ha creati a sua immagine, ma questo non significa che si debba normalmente esibire quell’immagine nei luoghi pubblici” quando lo scopre intento a lavarsi nel fiume.
La pungente ironia scandinava, che non è mai fine a se stessa, si manifesta anche nella costruzione delle linee narrative secondarie. Capita, per esempio, che i rotariani di Kuusmaki decidano di andare in soccorso di una povera vedova e della sua casa fatiscente. Così in un sol giorno ritinteggiano le stanze, buttano i vecchi materassi ordinandone di nuovi e puliscono tutta la stalla, per poi andarsene soddisfatti dell’opera di carità. Ma arriva la sera, e l’anziana accende la stufa: la vernice ancora fresca inizia a sprigionare fumo nero, costringendola a spegnere il fuoco. I materassi nuovi non sono ancora arrivati e la stalla, arieggiata tutto il giorno, è gelida come la casa. Così la vedova e il figlio sono costretti a rannicchiarsi tra due mucche, e passare la notte tra i brividi e lo sterco.
Capirete da voi cosa questo episodio simboleggia.
Ma parliamo invece del messaggio di questo romanzo. L’idea di Paasilinna è chiara e non accetta fraintendimenti. È la contrapposizione tra due mondi, due sistemi ideologici. Non per niente la storia comincia con il racconto dello scontro tra i bianchi e i rossi durante la guerra civile. Ma il libro non si limita a presentarci i due schieramenti come universi incompatibili e distaccati; ed è l’evoluzione di Jaatinen la lente attraverso cui vedere il progressivo fondersi dei due mondi. Infatti, quando l’ingegnere decide di farla pagare ai suoi aguzzini, forza le regole del gioco, cominciando a comportarsi come il più spietato dei capitalisti, la versione finnica di un tycoon americano. Paasilinna rende chiaro fin dai primi capitoli lo svolgimento della storia, dal momento in cui Askeli fonda la sua società di costruzioni non ci viene mai concesso un dubbio su come andrà a finire. Ed è proprio in questo processo inarrestabile che si nasconde il vero messaggio del romanzo. La prevedibilità non è una pecca, è la trasposizione su carta del meccanismo a cascata che si innesca quando ci si lascia contaminare dal desiderio di avere di più, sempre di più. Jaatinen non si accontenta mai dei risultati che raggiunge, non ne è mai soddisfatto fino in fondo. Trasformato in quello che credeva di combattere, si ritrova alla fine del libro nelle vesti di padrone assoluto del villaggio. Eppure, ancora non gli basta, vorrebbe tanto trovare una regione più vasta, una città più ricca e popolosa su cui estendere il proprio controllo.
Il senso profondo della storia sta nello scambio di battute tra l’ingegnere e Irene Kooponen, che gli dice con tono di rimprovero:
“Avresti dovuto lasciar votare il reverendo. Non è bello prendersi gioco di una persona anziana. Sei diventato così freddo, Insensibile.”
Risponde lui: “E chi mi ha fatto diventare così? Me lo domando anch’io”.
Un uomo felice è tutto questo, capace di farsi divorare in poche ore, come se fosse un libro da spiaggia, ma di lasciare una strana sensazione in bocca. Come se quella appena finita non fosse la storia di un buffo ingegnere finlandese, ma quella di tutti noi.
Ma ora non stateci troppo a pensare; avete trovato quella coperta? Presto, buttatela in valigia e controllate i voli. E state tranquillo, pare che a Kuusmaki abbiano costruito una ferrovia nuova di pacca che porta dritto a un cementificio. Per arrivarci non ci vorrà molto.