Recensioni
Poema a fumetti, Dino Buzzati
Mondi tra le righe
Qui che cosa vi manca?
Si narra che il mitico cantore Orfeo, perduta l’amata Euridice, uccisa dal morso di un serpente, abbia tentato la più ardua delle imprese: scendere agli Inferi per riportare in vita la sua sposa. Non vi preoccupate, non sono qui per farvi spolverare quel mattone delle Metamorfosi di Ovidio.
Invece, vi racconterò di un mondo tanto incantato quanto malinconico, un vero e proprio Poema a fumetti. Oggi sono qui per trasportarvi in un inferno abbastanza insolito, governato nientedimeno che da un vecchio giaccone.
Se siete alla ricerca di un passatempo per le ore più calde della giornata, posso dirvi che l’avete trovato. Insomma, passerete da un caldo infernale a un inferno vero e proprio, ma essendo un fumetto, le pagine scorreranno da sole davanti ai vostri occhi e in men che non si dica, il sole smetterà di arrostire anche l’asfalto e voi potrete uscire a godervi la brezza serale.
Dovete perdonarmi comunque. Ho detto fumetto, ma il termine non è proprio preciso. Dino Buzzati, che con i suoi talenti avrebbe potuto riempire dieci pagine di curriculum, ci ha infatti regalato una bellissima graphic novel, nonché una delle prime mai pubblicate.
Per chi avesse un’insufficienza in inglese, la traduzione è romanzo a fumetti. E no, non ha niente a che fare con Topolino o Diabolik e nemmeno con libri illustrati tipo Pinocchio. Sfogliando le pagine vi sarete accorti che i disegni non accompagnano narrazioni lunghe e che queste non sono nemmeno state spiaccicate dentro alle tipiche nuvolette.
Poema a fumetti non è, quindi, un’opera da liquidare in un quarto d’ora. Ma non vi preoccupate, sarà lei stessa a non lasciarvelo fare. Partiamo dai disegni, che sono forse una delle cose che all’inizio mi ha affascinata di più. Ognuno di loro è potente, si lega perfettamente al testo e regala una chiave di lettura in più alla poesia.
Buzzati ha spiegato che l’aspetto di ognuno dei personaggi è ispirato a una sua conoscenza reale, a partire proprio da Euri stessa, proiezione della sua amata moglie. Anche alcuni degli scenari o degli oggetti rappresentati prendono spunto da racconti, sculture e quadri che Buzzati ha amato nel corso della sua vita. Pensate che tra queste pagine potete trovare persino Salvador Dalì e il suo Telefono aragosta, o Telefono stanco, stando al riadattamento di Buzzati.
Inoltre, il tema della sessualità è molto forte, fa quasi da filo conduttore del racconto, regalandoci anche in questo caso dei disegni molto potenti e ricchi di significato, che possono piacere o meno. A me sono piaciuti, voi sarete liberi di giudicare appena deciderete di scomodarvi da questo divano.
Se volete un consiglio però, non sfogliate le pagine di Poema a fumetti su un regionale stracolmo di fuorisede e alpini come ho fatto io. Anche se devo ammettere che gli sguardi incuriositi e inorriditi delle persone mi hanno divertita parecchio.
Ma di cosa parla quindi Poema a fumetti?
Parla della morte e quindi della vita. È un inno a tutte quelle piccole cose che fanno della vita quello che è, che la differenziano dalla morte. E Buzzati ci fa capire questa differenza riprendendo un mito tanto famoso quanto antico come quello di Orfeo ed Euridice. O in questo caso, di Orfi ed Euri.
La storia è più o meno quella raccontata da Ovidio. Euri infatti, viene improvvisamente a mancare, lasciando Orfi con un vuoto incolmabile dentro di lui, che lo spingerà a scendere all’inferno, alla ricerca della sua amata.
Non è, però, un inferno fatto di fiamme o gironi. È un inferno che si distingue già a partire dal suo ingresso. La semplice porta di una casa. Di queste porte ce ne sono tante sparse per il mondo. Orfi vede la sua amata passarci attraverso una sera e sparire per sempre dal mondo dei vivi. Per questo la segue. Lui non ci passa attraverso, non può farlo. La apre e… Milano?
Proprio così. Buzzati ci regala questa teoria che io ho trovato alquanto affascinante. Ognuno di noi portà con sé il proprio mondo, perché è tutto quello che gli serve. Per voi cosa sarebbe? Io mi porterei dietro le vigne friulane, mentre Orfi, quindi, dipinge l’inferno con i grattacieli di Milano.
Sul trono di questo inferno non troviamo Lucifero con il suo tridente né tanto meno Caronte con il suo traghetto, bensì un vecchio giaccone che si fa chiamare Diavolo custode. Era un uomo anche lui un tempo, che, proprio come Orfi, è entrato da una porta dimenticata aperta.
E, una volta raggiunto l’inferno, è stato lusingato a tal punto che si è convinto a restare. A restare in questo posto in cui il tempo non scorre più: è sempre lo stesso giorno, ogni giorno.
È un'immagine triste quella che dipinge Buzzati, che mi ha fatto venire il magone mentre sfogliavo i suoi disegni. Perché in questo inferno sono tutti, in realtà, vivi. Però non hanno più il dolore, e nemmeno la speranza. Vivono di rimpianti. Ed è per questo che Orfi viene costretto a cantare per loro, anche se sarebbe proibito.
Canta di piccole cose, cose di cui la gente di questo mondo non può più fare esperienza. Vengono infatti definiti “misteri”. Orfi canta fino a dare abbastanza sollievo al diavolo custode e a tutte le anime di questo mondo.
Conosciamo tutti la fine del mito. O forse voi no? Beh allora non ve la racconterò, così dovrete per forza andarvelo a sfogliare per rinfrescarvi la memoria.
Vi dirò solo che è una fine drammatica, come il resto della storia d’altronde. Una storia che mi ha fatto emozionare e mi ha regalato una prospettiva sulla morte a tratti confortante, perché scandita dalla noia e non dal dolore, per quanto comunque triste e solitaria. Ma che mi ha anche fatto alzare gli occhi dalle pagine di tanto in tanto per apprezzare la vita vera e le sue piccole cose.
Poema a fumetti è un ritratto della morte che invita a inneggiare alla vita. Come dicevo prima, non è un’opera da sfogliare in modo superficiale. Ma se glielo permetterete potrà davvero strapparvi dal caldo torrido per un pomeriggio, regalandovi una bellissima miscela di emozioni contrastanti.
Per concludere, vorrei riportare una parte di questa poesia, perché non penso di avervi depressi abbastanza per oggi. Per quanto sia difficile riassumere quest’opera in poche righe, penso che queste ci si avvicinino abbastanza. Quindi tiratevi un po’ più su la copertina e lasciatevi trasportare in un inferno un po’ meno caldo, dalle sagge parole del Diavolo custode:
"Rimpianti? Così è, ragazzo straniero. Rimpianto è la malattia del posto come la malaria in palude. Molto mal vista. Il peggior vizio vietatissimo è guardare nel mondo dei vivi attraverso certi finestrini, clandestinamente, per assaporare i paradisi perduti.
Dico: ma qui che cosa vi manca?
Quasi niente. Da qualche tempo hanno messo perfino la tv a colori, però manca il più importante: la libertà di morire."