Recensioni

Parlarne tra amici, Sally Rooney

Mondi tra le righe

La quotidianità dei millennials

Ehi ciao, benvenuti sul mio divano. Venite, sedetevi vicino a me, prendete un lembo di coperta se vi va, questa ha pure le maniche. Stasera voglio parlarvi di un libro che mi ha fatto incazzare. Si intitola Parlarne tra amici, e adesso vi dico che ne penso.

Parlarne tra amici è il romanzo d’esordio di Sally Rooney, uscito nel 2017. La scrittrice irlandese, classe 1991, forte del suo anno di nascita, mette in scena una serie di personaggi che in questo anno ci sguazzano completamente, i cosiddetti millennials.

Protagoniste del romanzo sono Frances e Bobbi, migliori amiche dai tempi del liceo, ex amanti, e che insieme portano avanti alcuni progetti lavorativi. Sin dalle prime pagine conoscono Melissa e Nick, una coppia sposata e più grande di loro.

Frances e Bobbi rimangono affascinate dai due, ma allo stesso tempo ne disprezzano la vita estremamente agiata e borghese. A complicare le cose sta il fatto che Frances e Nick iniziano una relazione, molto burrascosa quanto intensa. Relazione che, a mio avviso, non è del tutto sana, non perché sia extraconiugale, ma perché i due non riescono a comunicare quanto siano importanti l’uno per l’altra.

A tal proposito, qui apro e chiudo una veloce parentesi: anche se Frances e Bobbi si vantano di essere tanto anarchiche e anticonformiste, quando Bobbi scopre della relazione tra i due si scandalizza, e questa sua reazione mi ha sorpreso.

I personaggi della Rooney sono caratterizzati da un forte immobilismo. Sono così spaventati dai propri sentimenti e dai propri traumi che preferiscono parlare di razzismo, marxismo o di capitalismo, piuttosto che affrontare i loro problemi personali. Questo li porta sostanzialmente a non muoversi mai, a non scoprire mai le proprie carte.

Se questo atteggiamento può dare fastidio a un lettore, che dai protagonisti di un libro si aspetterebbe più azione e reazione, dal mio punto di vista è comprensibile. Sarà che è una dinamica della nostra generazione, parlare d’altro invece che di noi stessi.

Una cosa che mi ha colpito particolarmente sono state le insicurezze di Frances. Sono così forti e allo stesso tempo così stupide, mi verrebbe voglia di prenderla per le spalle e scuoterla gridando “Non c’è niente che non vada in te, sei perfetta!” Ma non lo faccio. Semplicemente perché, riflettendoci, le insicurezze di Frances sono le stesse che vivo io tutti i giorni. E allora non la scuoto. Anzi mi siedo lì con lei, sul pavimento del bagno del suo appartamento, quello che dà sul cortile interno, con il ciliegio lussureggiante, e condivido le sue ansie. Magari mi lascio andare a qualche lacrima.

Un altro fattore che sulle prime mi ha fatto stranire è l’apparente nulla di nulla che succede nel libro, un tratto distintivo dello stile della Rooney, quell’immobilità di cui parlavamo prima. Nei suoi romanzi infatti non vengono narrati chissà quali eventi, anzi, tutto è abbastanza piatto, dal tono quasi diaristico. Ma la vita di tutti i giorni non deve essere eccezionale per essere considerata avvincente e la Rooney questo fa, racconta la quotidianità dei suoi personaggi proprio perché potrebbe essere la stessa in cui viviamo noi. Normale nella sua banalità, in cui possiamo identificarci molto facilmente.

Mi ha affascinato il modo in cui, davanti ai nostri occhi, in poco meno di trecento pagine, l’autrice riesca a racchiudere e descrivere all’incirca un anno di narrazione, da maggio fino a Natale. Per non parlare della dovizia quasi estrema di particolari con cui arricchisce azioni, situazioni, gesti e paesaggi.

Forse per darci un’idea ancora più chiara che quello che racconta è la verità, in cui tutti possiamo immergerci. Oppure, per spostare ulteriormente l’attenzione del lettore dai drammi interni dei protagonisti, che tutto vorrebbero tranne che parlare dei loro sentimenti.

Il libro è molto veloce, i capitoli brevi e scorrevoli, i dialoghi asciutti, con quell’alternanza di botta e risposta, come se fossero stati scritti per essere recitati. Sono dialoghi molto autentici e che trattano di tematiche contemporanee e coinvolgenti. L’autrice stessa, nei ringraziamenti, ha ammesso che per realizzarli ha attinto da conversazioni che ha avuto con i suoi amici.

Da qui comprendo il titolo del libro, anche se l’amicizia mi sembra una delle tematiche meno trattate nel romanzo. E se c’è, si confonde e a tratti si mescola con l’amore e la dipendenza affettiva che ho avvertito esserci tra Frances e Bobbi, che si vogliono bene, forse si amano, ma si fanno anche tanto male a vicenda. Così come si feriscono spesso anche Nick e Frances, il cui rapporto cerca di diventare sempre più intimo e profondo durante il romanzo, ma senza riuscirci veramente.

In ultimo, anche Frances ferisce se stessa e questa è una tematica che viene buttata lì, come una mina sotto la sabbia, potente, ma neanche troppo segnalata. L’autolesionismo, i problemi con il proprio corpo, il disagio fisico e mentale provocato da condizioni di salute rare e di cui ancora si sente poco parlare, come l’endometriosi, sono tutte condizioni di cui Frances soffre, che l’accompagnano nella sua vita di tutti i giorni.

Benché siano roba grossa, nessuno all’interno del romanzo le vive come se fossero dei disagi da cui proteggersi. Fa anche questo parte della strategia dei millennials per evitare di affrontare quello che succede nella loro vita? Non sta a me risolvere il quesito, dato che anche io, come ogni gen Z che si rispetti, ho tutta una serie di meccanismi di difesa per evitare di affrontare i problemi.
Ma questo è un altro discorso, per un altro genere di divano.

Personalmente, le reazioni dei personaggi, i loro discorsi contorti che sembrano parlare del nulla, gli atteggiamenti spocchiosi di Bobbi e quelli passivi di Nick, mi hanno snervato e infastidito.

È come se, visti da fuori, il mondo reale e le persone reali, siano più vuote e più crude di quanto non sembrino viste da dentro. Ho avuto dei momenti, mentre leggevo, in cui ho pensato “ma guarda che stronzo questo”, oppure “perché questa scema non fa niente?”, per poi rendermi conto che le mie reazioni sarebbero state uguali alle loro.

Non so dire se il libro mi sia piaciuto o meno, sicuramente è scritto in maniera impeccabile e forse è proprio lo stile la parte più bella e innovativa del romanzo.
Il finale soprattutto mi ha lasciato con un nodo allo stomaco: chiariamoci è un finale aperto e io odio i finali aperti, non ho nemmeno la certezza che sia finito come doveva finire.
Ne parlerò con i miei amici. 

Silvana Accardo

ASSOCIAZIONE CULTURALE LA COPERTINA
STORYTELLING DA DIVANO ETS


Sede Legale: Milano, Via Monte Rosa 86
Partita IVA: 13238190964
C.F.: 13238190964
NUM. ISCRIZIONE AL RUNTS: 1152431

ASSOCIAZIONE CULTURALE LA COPERTINA
STORYTELLING DA DIVANO ETS


Sede Legale: Milano, Via Monte Rosa 86
Partita IVA: 13238190964
C.F.: 13238190964
NUM. ISCRIZIONE AL RUNTS: 1152431