Recensioni
Il grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald
Mondi tra le righe
Una luce oltre il pontile
“Ero dentro e fuori, simultaneamente incantato e respinto dalla inesauribile varietà della vita.”
Primo dopoguerra, luci, sfarzi e sogni. E no! Non pensate già a Leonardo Di Caprio, che per carità, bello, bellissimo, ma dovete ringraziare un certo Fitzgerald se avete potuto, abbiamo potuto, godere di un Leo nei panni di un signorotto chiamato Gatsby. Il mito americano… infranto o forse no; una storia completa del periodo Jazz age con un velo di impressionismo; un passato che si ripete, ma aspettate, si può ripetere il passato? Spoiler: se non si fa terapia, sì.
So che la ripresa a settembre è dura. Cercherò di avvolgervi nella magia di un libro che è storia, è suggestione, è passione. E mr. Fitzgerald, se mi sente da lassù o ovunque sia, io ringrazio la sua penna. Invece voi che siete qui, ora venite con me, chiudete gli occhi e immedesimatevi: la copertina è fatta di lustrini e perle, il divano su cui poggiate è una chaise longue di un tessuto unico nel suo genere e la vostra tisana è una coppa di champagne…
Partiamo con gli elogi a uno scrittore, geniale a mio parere, che nasce nel 1896 in Minnesota: Francis Scott Fitzgerald. Nel 1909, ma non vi sembra lontanissima come data? Va beh, il 1909 sancisce la sua prima e vera pubblicazione per il giornale della scuola, seguita nel 1911 dalla prima messa in scena di un suo pezzo teatrale, ufficializzando così il suo essere come dire… multitasking. Da quel momento i suoi studi gli permetteranno di volare alto, altissimo, non perché prende aerei eh, ma perché continua a pubblicare, a studiare e a creare. Ma fino al 1919, non è che le cose gli siano andate così bene. Poi però nel 1920 Zelda si decide e si sposano, la conoscete Zelda Fitzgerald no? Oh starei qui a parlarvene per ore, ma ho solo qualche riga, quindi torniamo a noi. Insomma, vari spostamenti, figlia, tradimenti ma tutto nella norma per quei tempi. Vita movimentata, senza dubbio, ma non si è annoiato di certo. Escono testi, racconti e storie, Zelda ha esaurimenti nervosi, cambiano case, alcolismo, e poi la morte di lei, il 21 dicembre del 1940. Ma tornate un attimo indietro con me, il 10 aprile del 1925 viene pubblicato Il Grande Gatsby.
Questo romanzo è stato definito una sorta di autobiografia dello spirito di Fitzgerald. Di base si tratta di una storia collocata nei “ruggenti anni Venti”, ah come mi piace scriverlo, deve essere stato affascinante viverli, quanto contraddittorio e tragico. Ambientata a New York e Long Island, nell’estate del 1922, la storia viene raccontata da uno dei personaggi, Nick, seguendo la tecnica di Henry James, facendo fare passi avanti alla narrativa americana. Il titolo potrebbe ingannarvi, Gatsby non è un personaggio, è un luogo, anzi, un universo intero che parla di una natura umana fragile, del sentimento del tempo e di un sogno che racchiude il concetto di amore. Luogo di verità elementare; e ora vi riporto alla domanda iniziale, il passato può tornare? No, e infatti Gatsby invece di tutte le cavolate che ha fatto, poteva prendere appuntamento dall’analista e risolversi, ma no, complichiamoci la vita per amore, che è la più grande stronzata che si possa fare. Insomma il passato non può tornare, ma per Gatsby è un confronto tormentoso. Per questo motivo nel racconto mostra intransigenza e inflessibilità. Anche Daisy, il suo amore dal primo giorno che la incontra, non aiuta, perché è molto ricca, molto bella, e bionda! No scherzo, sono tinta ma sarei bionda anche io, quindi lunga vita alle bionde; non aiuta perché si chiude in se stessa, c’è una riluttanza in lei a reagire alle cose, ma soprattutto sa amare solo a intermittenza. Cioè, potrei fermarmi qui voi direte! Un uomo innamorato che fa le peggio cose per riavere la sua dama e questa che ama a intermittenza, ma lui rimane lì, imperterrito. Bah i tempi sono proprio cambiati.
Invece no, Fitzgerald ci ricama una storia tutta da immergercisi.
La signorotta, che insieme al marito se ne va da Long Island, non si assume nessuna responsabilità per la morte di Gatsby, ah sì... muore, scusate lo spoiler così iniziale, ma tanto era ovvio: anni Venti, soldi, potere, non ci sono troppe vie di immaginazione. Insomma il sogno di uno, corrisponde al fardello dell’altra. Gatsby è definito da un animo fine, ha il dono della speranza, quanto è bello questo? Da che esiste la forma umana nel mondo, ogni generazione ha avuto i suoi momenti di up e quelli di down, ma io credo che la speranza… sia l’ultima a morire - scusate dovevo -, in ogni caso lui poi è morto comunque, però davvero provate a pensarci un attimo, non credete che sia un punto fondamentale per essere DEI GRANDI? Quella disponibilità romantica di credere nel futuro.
Il grande Gatsby è un romanzo che rappresenta l’America, che dimostra quanto fosse facile fare soldi a quei tempi senza che a nessuno interessasse in che modo venissero fatti, e combacia esattamente con il sogno americano, un sogno ritenuto incorruttibile, ma che questo romanzo ci fa invece inalare con ogni singolo lezzo pestilente. Fitzgerald decide di scrivere questa storia prosciugando ogni elemento superfluo, quasi tendente a un mood cinematografico e impressionista, motivo per cui ne è uscita persino una pellicola. Lo so che avete visto il film, ma vi garantisco che leggere questo libro è come ritrovarsi lì, in quel preciso istante in cui accadono le cose. Prendiamo la scena di Daisy e Jordan per esempio, distese sul divano nella calura pomeridiana:
"L’unico oggetto immobile della stanza era un sofà enorme sul quale due giovani donne galleggiavano come su una mongolfiera all’ancora. Erano entrambe in bianco, e i loro vestiti si increspavano e palpitavano come fossero stati appena risospinti dentro dopo un breve volo intorno alla casa. Credo di essere rimasto fermo per qualche istante ad ascoltare la sferza e lo schiocco delle tende e il gemito di un quadro sulla parete."
Sembra l’immagine di un quadro, ma eliminando ogni possibilità di orpello retorico. Senza dubbio le descrizioni e gli aggettivi usati in questo romanzo sono di tecnica sopraffina, perché mirati a creare un’atmosfera, riassumendo stati d’animo, presentando un personaggio, tratteggiando un ambiente. I dialoghi sono perfetti, anche a livello cinematografico. Fitzgerald ha voluto darci un’impressione della vita, senza doverla imitare. Vaghezza, mistero e penombra, sono altri tre elementi preponderanti in tutto lo scritto, eppure, anche nelle scene più tristi o agitate, tutto è avvolto da bellezza; se mai leggerete questo libro, vi consiglio di tuffarvi nelle svariate descrizioni che Fitzgerald ci dona, è pazzesco come anche nel momento tragico si può comunque percepire quel sogno, quella speranza e quella fame da dopoguerra di riprendersi la vita in mano. È incalzante, è reale.
Ecco, questo l'avete già visto
E comunque, come tutte le belle storie, si tratta anche di una storia d’amore ahimé, quella tra Gatsby e Daisy, sì lo so che ho detto che lei si è altamente fregata della sua morte, ma è così che va, noi donne siamo tutte un po’ da capire. Nick, che narra la storia, ah ed è anche cugino di Daisy, ci racconta che hanno avuto una relazione di un mese, prima che Jay Gatsby o James Gatz partisse per l’Europa. Sì ha cambiato nome, per questo dico che deve andare dall’analista! Ed è proprio Jordan Baker, amica di Daisy e ragazza di Nick, che racconta a quest’ultimo del momento di relazione tra Jay e Daisy. Poi c’è il racconto ufficiale o ufficioso dell’infanzia di Gatsby, l’incontro con Dan Cody che gli cambierà la vita e i racconti della guerra. Nick comunque è il tipico, bravo amico, che sa che hai fatto qualcosa di sbagliato, ma che comunque è lì a sostenerti, e infatti la sua narrazione è piena di “penso”, “credo”, “forse”... quasi timoroso di dire qualcosa di troppo. Ed è perfetto, è perfetto! In tutto ciò c’è anche Tom, marito di Daisy, e la sua amante Myrtle (di cui tutti sanno l’esistenza, poi noi facciamo i fighi che scopriamo di 'ste cose tramite i social, ma che vogliamo fa', stavano avanti anni luce dai), a sua volta sposata con Mr. Wilson. Ci sono svariati buffi e singolari personaggi. Ci sono grigi, gialli e blu, ci sono gli occhi del dottor T.J. Eckleburg e c’è la luce verde dall’altro lato del pontile. Verso la fine del romanzo Nick si rende conto di aver scritto una storia del Midwest, perché effettivamente i personaggi sono abitanti del Midwest trasferitisi sulla costa orientale del paese. C’è un’America “tradotta” in questo romanzo, come c’è la presenza dell’Europa. Non è un romanzo di quiete. Ma la cosa più importante per convincerti a leggerlo, il libro è breve. No scuse.
“Quella splendida farsa di completo rosa creava una macchia vivida di colore contro la scala bianca, e mi venne in mente la sera in cui ero venuto nella sua casa avita per la prima volta, tre mesi addietro. Il prato e il viale erano pieni delle facce di coloro che congetturavano su quanto fosse corrotto, e lui era rimasto ritto su quella scala, celando il suo sogno incorruttibile, e aveva rivolto loro un cenno di saluto. [...] Jay Gatsby si era frantumato come vetro contro la malignità di Tom, e quella lunga e segreta condotta stravagante era ormai giunta alla fine.”