Recensioni

Il fondamentalista riluttante, Mohsin Hamid

Mondi tra le righe

EINAUDI 2007

Changez è giovane, pakistano e fresco di laurea a Princeton, una delle più prestigiose università americane. Così, quando gli viene offerto un posto per una delle più importanti società di consulenza finanziaria di New York, non ci pensa due volte ad accettare. La Grande Mela rappresenta per lui l’occasione di rendere realtà la promessa di una vita nuova che gli anni dell’università sembrano avergli spalancato davanti agli occhi, e lo stipendio che la Underwood Samson non può che incoraggiare il pensiero di essere sulla strada giusta.

Ma Changez ha ventidue anni, e per quanto possa essere allettato dalle prospettive lavorative, un ruolo fondamentale nel suo sentirsi bene lo gioca una ragazza. Anche lei ha studiato a Princeton, viene da una ricca famiglia di New York, e sogna di diventare scrittrice.

Erica la ha conosciuta durante una vacanza in Grecia con un gruppo di ex studenti. Il classico insieme di persone che non appare mai fuori posto, in qualsiasi luogo si trovi. Tutti così abituati a vedere il mondo dalla giusta posizione sociale, tutti così abituati a essere dei vincenti. Changez ha così tanta smania di prendere il suo posto a questa tavola che non si risparmia: sul lavoro dimostra una spietata efficienza, e i suoi modi affettati ed esotici lo rendono un compagno perfetto per Erica nelle serate dell’alta società newyorkese.

“Quel ruolo mi piaceva. Ero abbastanza presuntuoso da pensare che quella fosse la vita giusta per me, che in qualche modo fosse inevitabile trovarmi a fianco a fianco dei più ricchi tra i ricchi in ambienti così esclusivi. Erica attestava che ne ero all’altezza; il mio comportamento, mi compiacevo di credere, suggeriva l’impeccabilità della mia educazione; e per coloro che indagavano oltre, la mia laurea a Princeton e il biglietto da visita della Underwood Samson suscitavano puntualmente un rispettoso cenno di approvazione”.

Questo equilibrio è destinato, però a distruggersi. Insieme all’immagine delle torri gemelle trasmessa dallo schermo di un lussuoso albergo a Manila, Changez vede crollare anche la maschera che gli impediva di notare l’incompatibilità della sua nuova vita e professione con la sua origine; Changez si rende lentamente conto di quello che è diventato, un giannizzero dell’impero americano. Ed è proprio l’impossibilità di mettere insieme il serio e preparato professionista e il ragazzo pachistano che vede il suo Paese stritolato dagli interessi occidentali a farsi strada nel suo animo e ad aprire crepe che si riveleranno sempre più difficili da nascondere.

“Hai mai sentito parlare dei giannizzeri?”

“No”, dissi io.

“Erano ragazzi cristiani, - spiegò, - catturati dagli ottomani e addestrati per essere soldati in un esercito musulmano, a quel tempo il più potente esercito del mondo. Erano feroci ed estremamente leali: avevano lottato per cancellare dentro di sé la propria cultura, perciò non avevano più nient’altro a cui rivolgersi”

Fece cadere la cenere della sigaretta in un piattino.

“Quanti anni avevi quando sei andato negli Stati Uniti?” mi chiese.

“Ci sono andato a fare l’università, - dissi. - A diciotto anni”.

“Ah, molto più vecchio, - rifletté lui. – I giannizzeri venivano presi da bambini. Sarebbe stato molto più difficile farne dei devoti all’impero adottivo se avessero avuto ricordi che non potevano dimenticare”.


L’esposizione degli eventi della vita di Changez viene fatta da lui stesso, impegnato in un dialogo che sa di monologo (il suo interlocutore non parla mai e possiamo immaginare le sue battute esclusivamente dalle reazioni di Changez) con un turista americano in un locale di Lahore, la città pakistana da cui proviene il protagonista.

L’intreccio tra l’incontro dei due uomini e lo scorrere degli eventi newyorkesi è armonico, non esiste un momento in cui il racconto non trovi un suo naturale sbocco nelle parole scambiate ai tavolini del locale in cui i due uomini consumano il loro incontro.

Il finale aperto, poi, contribuisce a lasciare il lettore in uno stato di incertezza: così come Changez, non si sa più da che parte sta il giusto e lo sbagliato, il vero e la finzione.

Il fondamentalista riluttante è un libro che parla alla testa delle persone , fingendo di parlarne al cuore. Una lettura imprescindibile per chi non riesce a darsi una spiegazione del sentimento di sfiducia nei confronti dell’occidente che gran parte di chi da questa fetta dei benessere è escluso cova. Non esistono mezzi termini e non può essere l’integrazione predatoria che viene portata avanti a risolvere questo stallo. Ma la vera domanda con cui si esce da queste pagine è cosa, o meglio chi, può essere considerato privo di scrupoli in un mondo che promuove un unico standard di benessere e a portata di pochi.

Eugenio Manuelli

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