Recensioni

Fischi per fiaschi, Giorgio Mascitelli

Mondi tra le righe

DERIVEAPPRODI

Prendere fischi per fiaschi è un modo di dire che intende mal interpretare, fraintendere, capire qualcosa per qualcos’altro. Forse è perché i personaggi del libro tra loro non riescono a capirsi, oppure perché tu lettore sei convinto di stare leggendo una storia sul lavoro e invece si rivela essere tutt’altro.

Il protagonista della storia è Gian, detto John, Ricchieri un informatico, padre di famiglia, uomo rispettabile e lavoratore impeccabile, la cui unica pecca sembrerebbe essere il continuo fischiettare.

Andando avanti, però, scopriamo che in realtà Gian John non è quel tipo di persona, che sul lavoro non è il massimo dell’efficienza e anche a casa non brilla per dedizione familiare. Il suo continuo fischiettare è solo l’ennesima manifestazione di un disagio più profondo, che ci fa aprire gli occhi su quanto profondamente sbagliato e compromesso sia il suo personaggio.

La molla che fa scattare questo cambiamento è un evento che avviene sul posto di lavoro di Gian John. Abbiamo detto che fa l’informatico in una comune azienda, ma un giorno viene scelto insieme ad altri due impiegati come cavia per una sperimentazione: ai tre viene applicato all’avambraccio un monitor che serve a comunicare tutti i loro movimenti a un computer, con l’obiettivo di raccoglierli, catalogarli e riconoscerli in futuro. Tutto in previsione, si pensa, dell’arrivo di macchine che compieranno quei movimenti al posto loro. La previsione di essere sostituito e di conseguenza di perdere il posto di lavoro crea un mutamento in Gian John, portando alla luce tutti i suoi veri difetti e le sue vere mancanze.

La storia è tremendamente attuale: forse un giorno verremo tutti rimpiazzati dalla tecnologia, dalle intelligenze artificiali che già imperversano ai giorni nostri.

Forse bisogna solo accettare il progresso e farsi da parte? Come suggerisce al marito Coppelia, sua moglie, davanti alle resistenze e al malumore di Gian John dovute alla sperimentazione sul suo posto di lavoro. D’altronde Coppelia ha una mentalità diversa rispetto al marito, è più pronta al cambiamento e la sua vita è più pervasa dalla tecnologia, come emerge in qualche passaggio del libro, come quando si nominano i ratings di certe panetterie che le rendono indubbiamente migliori di altre e questo deve bastare per far cambiare le abitudini dell’intera famiglia circa la colazione della domenica. La relazione tra i due coniugi sembra messa in serio pericolo da questa notizia della sperimentazione, tanto che iniziamo a chiederci se il loro fosse mai stato un matrimonio felice.

Questo cortocircuito tra ciò che leggiamo e ciò che realmente potrebbe essere viene ripreso molte volte nel corso della narrazione, per cui al lettore viene il dubbio se, per esempio nel caso del matrimonio di Gian John e Coppelia, all’inizio del libro ci fosse scritto veramente che si amavano alla follia e che poi semplicemente i rapporti si incrinati, o se in realtà una cosa del genere non fosse mai stata scritta e noi abbiamo supposto tutto. Tale cortocircuito nasce in primis dal rapporto tra il protagonista, a cui sono affidati alcuni capitoli con il suo punto di vista, e il narratore onnisciente, a cui invece ne vengono affidati altri e narra tutto in terza persona, costringendoci a vedere le cose dall’esterno, e spesso a riconsiderarle.

È raro trovare una narrazione affidata a più punti di vista che non sono neanche concordi tra di loro. Spesso narratore e protagonista battibeccano e si correggono a vicenda e questo ci porta a non saper più a chi credere.

Il narratore spiega che Gian John era “ermeticamente chiuso nel suo mondo di fischi con i quali cercava di nascondere i fiaschi che la realtà gli proponeva incessantemente”. Ma, in fin dei conti, è davvero così?

Silvana Accardo

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